L'importanza della febbre nelle infezioni

Era il 1990 quando la USSL 75/IV di Milano (in seguito ASL) usciva con questo prezioso opuscolo (allegato in fondo) di educazione sanitaria sul ruolo della febbre nelle infezioni, e sui rischi nell'uso di antipiretici, antinfiammatori e antibiotici, firmato dal dottor Alberto Donzelli (Dirigente Coordinatore Sanitario) e dalla dottoressa Grazia Sutti (Pediatra consultoriale).

Qui offriamo una breve sintesi dei contenuti del libretto che trovate allegato sotto (oltre a un importante focus attuale sul verosimile abuso di paracetamolo e di farmaci antinfiammatori non steroidei / FANS con riferimento alla Covid-19):

La maggior parte della gente crede che la febbre sia una malattia, e chiede insistentemente al medico di curarla con farmaci "contro" la febbre. 
Alcuni, più illuminati, sanno che la febbre è di regola espressione di una malattia che le sta sotto, dunque un utile campanello d'allarme, particolarmente per segnalare la presenza di un'infezione. 
Ma sono veramente pochi a sapere che la febbre è ben altro: è uno dei più efficaci meccanismi di difesa che l'organismo mette in atto contro le infezioni! 
È bene fare alcune considerazioni preliminari. 
La febbre è una reazione alle infezioni comune a tutti gli uomini e agli animali superiori, che si ripete da milioni di anni: dovrà pertanto avere un valore biologico, se nel corso di un'evoluzione multimillenaria la selezione naturale l'ha mantenuta con queste caratteristiche! 
In effetti contro i microbi (batteri e virus) la febbre è un potente mezzo difensivo, che agisce sia direttamente sia attivando altre importanti difese. 
Per quanto riguarda i virus, un aumento della temperatura da 37 a 38°C può provocare una diminuzione della loro moltiplicazione di oltre il 90%, e per la maggior parte dei virus un ulteriore aumento può comportare l'arresto completo della moltiplicazione. 
Anche i virus più virulenti sono bloccati da temperature superiori ai 39°C che durino sufficientemente a lungo. L'abbassamento artificiale della temperatura fa aumentare addirittura la mortalità nei topolini infettati sperimentalmente con virus. Numerose osservazioni fanno pensare che lo stesso fenomeno possa verificarsi anche in molte infezioni virali dell'uomo.

Ad esempio, nei bambini infettati con virus della poliomielite la frequenza e la gravità della paralisi sono risultate più elevate nei soggetti trattati con farmaci contro la febbre. È verosimile che lo stesso accada anche per i virus come quelli del morbillo, della rosolia, della parotite ecc., che in condizioni sperimentali vengono drasticamente bloccati da aumenti della temperatura. 
La proprietà difensiva della temperatura è dimostrata anche dal fatto che i virus del raffreddore, con temperatura ottimale di replicazione fra i 33 e 34°C, trovano queste condizioni solo nelle mucose del naso, dove passa la corrente d'aria respirata, ma sono incapaci di diffondersi in zone più profonde, dove la temperatura è di 37°C. 
Durante il raffreddore, la congestione nasale impedisce il meccanismo naturale della respirazione, di conseguenza la temperatura del naso sale, e da questo momento la quantità di virus diminuisce bruscamente e la guarigione è accelerata (rispetto a quanto accadrebbe prendendo farmaci antipiretici o gocce decongestionanti). 
Un altro fondamentale e generale meccanismo di difesa delle infezioni è l'infiammazione, che provoca a livello locale condizioni fisiche, chimiche e biologiche che si potenziano a vicenda nel combattere le infezioni: ad esempio l'aumento della temperatura e il grande afflusso di globuli bianchi (le "milizie" del sangue). 
Riprova ne sia che i farmaci anti-infiammatori facilitano nella maggior parte delle infezioni virali la moltiplicazione e diffusione dei germi, allungando il decorso e aumentando la gravità delle infezioni negli animali di laboratorio trattati, a confronto di quelli non trattati con questi farmaci. 
La febbre facilita la guarigione anche nella maggior parte delle infezioni da batteri, perché riduce nel sangue i livelli del ferro, essenziali per la crescita di gran parte dei microrganismi, e perché esalta l'efficienza di tutti i componenti del sistema immunitario, dall'attivazione dei globuli bianchi alla produzione di anticorpi. 
Non bisogna dunque temere la febbre, e si deve ricordare che l'entità del rialzo febbrile dipende sì dalla forza dell'aggressione infettiva, ma anche dalla capacità di reazione dell'organismo. Se i meccanismi difensivi sono forti e vitali, probabilmente, anche se sembra un paradosso, la febbre raggiungerà punte ancora più alte, e l'organismo debellerà la malattia più velocemente

  • La febbre in sé rappresenta un pericolo per la maggior parte degli individui solo oltre i 41° C.
  • Solo per 4 bambini su 100 tra i sei mesi e i sei anni una febbre di entità moderata (circa 39° C) può costituire un rischio di convulsioni.
  • Si tratta quasi sempre di forme benigne, che si risolvono da sole senza conseguenze, ma tendono a ripetersi nella metà circa dei casi.
  • Solo per chi ha già sofferto di convulsioni è ragionevole intervenire subito con farmaci antipiretici in occasione di malattie febbrili. In 96 bambini su 100, invece, ciò non è necessario né opportuno, e ciò vale anche per tutti i bambini sopra i sei anni.

La febbre è una reazione molto utile in corso di malattie infettive e non è bene prendere farmaci per scacciarla, dato che, quando c'è, è perché serve, e quando non serve più se ne va da sola.
Si può accettare di prendere farmaci a piccole dosi solo quando supera i 39°C (misurati sulla pelle), con l'obiettivo di riportarla intorno ai 39°C, non di farla sparire.

Fanno eccezione i casi (rari) in cui un bambino inferiore ai sette anni abbia sofferto di convulsioni febbrili. In tali casi l'uso di farmaci antifebbre quando compare la febbre è giustificato.
In altri casi (che sono la grande maggioranza) l'uso di tali farmaci non è opportuno, perché comportano effetti collaterali frequenti e a volte seri e fanno spendere molto denaro a sanità pubblica e privati cittadini senza dare benefici corrispondenti: infatti non abbreviano, e potrebbero perfino allungare il decorso della malattia. 

Qui trovate anche una recente presentazione del dott. Donzelli su questi argomenti, con importanti approfondimenti su paracetamolo e farmaci antinfiammatori (FANS come ibuprofene, ecc.) in relazione alla COVID-19:
https://youtu.be/03WwG2dZas8